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domenica 30 ottobre 2011

La Cina è sempre più protezionista

Il riporto annuale della Camera di Commercio europea in Cina denuncia le difficili condizioni di accesso al mercato cinese da parte delle imprese straniere. L'ingrezzo della Cina nel WTO all'inizio del terzo millennio avrebbe dovuto equiparare la Cina alle altre potenze economiche mondiali. La Cina si era comunque presa un certo lasso di tempo (circa 7/8 anni) per adeguarsi alle regole del WTO.
La domanda che può sorgere è la seguente:
Come è possibile che un Paese che tanto auspicava ed ha lavorato per entrare nel WTO abbia potuto "non essere pronto" una volta che è avvenuto l'ingresso ?
Purtroppo non si riesce a sfatare il solito luogo comune dell'uomo della strada che vede la comunità cinese residente nel nostro Paese (ora meno di prima a dire la verità!) muoversi liberamente nella burocrazia e nelle regole italiane, mentre altrettanta facilità non è possibile per un'azienda italiana in Cina.
E' veramente solo un luogo comune ? E' vero che la tanta auspicata reciprocità non esiste ?
Nella pratica è così. Fra i molteplici esempi che si possono citare quello dell'acquisto di beni immobili (è fattibile per una società cinese in Europa/Italia, è quasi impossibile adesso l'inverso) e quello della costituzione di una società commerciale (non è particolarmente complicato per un cinese in Italia, lo è molto per uno straniero in Cina).
Ma ci sono settori merceologici che la Cina ha "decisamente" chiuso o precluso, per essere più democratici, alle aziende europee quali: l'energia, l'automobile, l'industria finanziaria, le costruzioni. Ci sono poi settori merceologici e nuovi mercati come quello dei veicoli elettrici che sembrano totalmente chiusi prima ancora di partire.
Tuttavia la Cina, per sviluppare e quindi crescere in questo settori, ha bisogno della collaborazione con partners stranieri, ma qui subentra un altro aspetto "chiave" nella collaborazione con la Cina: la tutela dei marchi e brevetti, quindi, della proprietà intellettuale. Se per le aziende europee un mercato è "precluso" queste vi possono accedere solo tramite accordi e collaborazione con gruppi Cinesi (le amate Joint Ventures) ma in questo caso il trasferimento di tecnologia deve essere tutelato e garantito.
Questo è tuttora il più grande problema che vincola l'ingresso delle aziende europee in Cina. Spesso le aziende europee sono costrette a trasferire  il proprio know how per accedere al mercato cinese.
Quando si parla di trasferimento di know how siamo tutti portati a pensare ai settori Hi Tech, elettronica, informatica, meccanico; in realtà questo principio è presente in tutti i settori merceologici.
Ad esempio per vendere il Vino di importazione in Cina si deve apporre (come in USA) una retro-etichetta in cinese. Oltre ai documenti che ne attestano l'origine l'importatore cinese chiede una serie di informazioni relative al prodotto ed alla sua lavorazione, nonché al marchio ed al suo nome tradotto in cinese. In pratica dopo un lungo lavoro  che vale per una scatola come per una nave di vino da introdurre in Cina, l'operatore cinese  ha in mano tutto quanto è necessario per registrare marchi, nome, nonché produrre l'articolo. E se per il vino o per i prodotti alimentari può essere certo un danno (caso Ferrero Rocher, Chateua Lafite), ma dove il fattore origine/territorio ha ancora il suo peso (il Chianti è toscano), molto di più lo è per i settori sopracitati (elettronica, informatica, moda, meccanico, meccano-tessile, elettro-medicale, eccetera) dove l'origine del prodotto non è un valore aggiunto, lo è, caso mai, la Brand.
Questa incertezza nella tutela della prorpietà intellettuale, insieme alla situazione di crisi economica mondiale, ha visto un forte decremento degli investimenti europei in Cina.
La conclusione è che il protezionismo cinese non è solo una barriera per proteggere la produzione interna dall'invasione di prodotti stranieri più qualificati e con costi sempre meno distanti da quelli cinesi, è soprattutto uno strumento ed una tecnica di controllo del mercato internazionale, di crescita qualitativa del prodotto Made in China e di regole di cooperazione con i con i partners stranieri.
Una politica protezionistica è sempre segno di timore, paura di essere "conquistati".
E' indubbio che il Governo cinese teme la concorrenza europea, ma allo stesso tempo l'ammira ed ha simpatia, ha soprattutto bisogno di crescere ed apprendere da noi.
L'Europa, d'altro canto, ha necessità del mercato cinese come mercato di sbocco.
Sta a noi cogliere l'occasione e decidere cosa vogliamo fare.
Soprattutto noi italiani dobbiamo svegliarsi  ! Imparare dal pragmatismo cinese: (in)formarsi, programmare, investire, collaborare (prima fra di noi e poi con la realtà cinese), smettere di parlare ed agire, ed allora  anche certe reali barriere protezionistiche saranno meno difficili da superare.

lunedì 13 giugno 2011

Il sistema politico in Cina: una dittatura democratica

L'evento referendario di ieri ed oggi  in Italia  mi ha portato a fare alcune riflessioni sul sistema politico, economico e sociale cinese e paragonarlo al nostro.

Questi sono i primi 3 articoli della costituzione cinese:


Articolo 1. La Repubblica popolare cinese è uno Stato socialista a dittatura del
proletariato, diretto dalla classe operaia e basato sull’alleanza degli operai e dei
contadini.
Articolo 2. Il Partito comunista cinese è il nucleo dirigente dell’intero popolo
cinese. La classe operaia esercita la direzione sullo Stato attraverso la sua
avanguardia, il Partito comunista cinese.
Il marxismo-leninismo-maoismo costituisce la base teorica che guida il pensiero
della nostra nazione.
Articolo 3. Tutto il potere della Repubblica popolare cinese appartiene al popolo.
Gli organi attraverso i quali il popolo esercita il potere sono le assemblee popolari
ai diversi livelli, composte principalmente di deputati operai, contadini e soldati.
Le assemblee popolari ai diversi livelli e tutti gli altri organi dello Stato praticano
il centralismo democratico.
I deputati alle assemblee popolari ai diversi livelli sono eletti attraverso
consultazioni democratiche. Le unità elettorali e gli elettori hanno il diritto di
esercitare il controllo sui deputati da essi eletti e di destituirli in qualunque
momento in conformità con le disposizioni di legge.

Senza entrare troppo nel campo della scienza della politica,  è fin troppo evidente che alcuni termini (volutamente inseriti) non vanno d'accordo con altri,: dittatura con democrazia, consultazioni democratiche con assenza di elezioni per il popolo (non parliamo di referendum, chissà quando ci arriveranno)ed altro ancora.
Per non parlare poi dei diritti civili e della pena di morte (sulla quale la Cina sta seriamente considerando la possibilità di eliminarla) nonché delle libertà individuali non sempre garantite e tutelate, almeno non in tutte le province.

Tuttavia il mondo moderno è molto attratto e affascinato (talvolta preoccupato) dalla Cina per l'aspetto economico, ma molto meno interesse lo dedica all'analisi ed allo studio delle problematiche sociali (tutela delle minoranze) e alla tutela dei diritti fondamentali (diritto alla vita, diritto al voto, diritto di libertà di culto, ecc.).
Siamo "egoisticamente" interessati affinché la Cina osservi le regoli del WTO ad esempio sulla reciprocità dell'applicazione dei dazi sui prodotti importati, o che non faccia operazioni di dumping, o che osservi la legge sulla tutela della proprietà intellettuale,  insomma su tutte quelle inosservanze dei regolamenti economici che possono danneggiare la nostra economia, ma un interesse minore è dedicato a capire problematiche quali: la sicurezza dei posti di lavoro (fabbriche, cantieri),  la tutela delle minoranze etniche, la condizione dei carcerati, eccetera.

Ma se valutiamo una realtà come la Cina, con le sue radici storico-culturali di 5,000 anni, considerando però il periodo della Repubblica, dal 1949 a oggi,   e, ad esempio, lo confrontiamo alla nostra realtà con la nostra storia partendo dallo stesso periodo ci rendiamo conto di quanti passi avanti hanno fatto i cinesi e quanti passi indietro abbiamo fatto noi.

Entrambi i Paesi hanno affrontato una guerra, la Cina forse meno violenta e distruttiva della nostra, ma ha avuto oltre quindici anni di guerra civile.
Noi, aiutati anche dagli USA e dal Piano Marshall, abbiamo potuto ripartire e crescere fino al  boom economico degli anni '60. La Cina di fatto è stata isolata per buona parte del primo ventennio dalla nascita della Repubblica.
L'Italia, aiutata anche dalla collaborazione con i Paesi dell'Europa Occidentale, ha comunque potuto costruire la propria crescita basandosi anche su una forte formazione, tradizione e cultura nel campo giuridico che ha permesso di creare regole certe per uno sviluppo ordinato e democratico. La Cina non aveva culturalmente una base giuridica o tradizione di regole scritte ed ha cominciato a darsi regole scritte sullo stile occidentale negli anni '80. Basti pensare che il Codice civile è stato fatto nel 1986 ed erano 150 articoli di principi generali. Poi nel  1992 è stato approfondito con leggi commerciali per aziende, navigazione eccetera.

Quindi la Cina è uno stato di diritto giovane, che deve controllare una territorio 30 volte più grande dell'Italia, con 56 gruppi etnici, ma la crescita dell'ultimo ventennio soprattutto dopo i tragici fatti di  Piazza Tien An Men del 1989 è stata forte ed in tutti i settori: economico, sociale, giuridico.
Certo la crescita è stata, rapida, programmata, voluta, inarrestabile, condivisa dalla popolazione, ma che ha sicuramente fatto delle vittime, ha avuto deviazioni nella corruzione, nell'ingiustizia sociale, non sempre nel rispetto delle minoranze.

Il nostro Paese ha subito una involuzione evidente in tutti i campi: politico, morale,  economico, eccetera. Ed anche la tanto rivendicata democrazia e libertà sembra in realtà servire e tutelare pochi eletti (per lo più i soliti). Siamo un Paese vecchio, apparentemente democratico, gestito dai soliti,  vecchi, che comandano senza lasciare spazio ai giovani.

La Cina ha avuto una rapida crescita economico-sociale a scapito di una più lenta apertura democratica, e forse non poteva essere altrimenti, ma è un Paese giovane, gestito da uomini esperti di mezza età, che lascia spazio e valorizza i giovani.

Il merito di Mao e dei suoi successori è stato sicuramente quello di coltivare e far crescere la coscienza di nazione. Prima di tutto la Cina ! Cina in cinese si dice Zhong Huo che significa Paese di Mezzo cioè al centro del mondo. Quindi per il cinese prima di tutto viene la Cina poi il resto.
Con il tempo la Cina sarà meno dittatura, più democrazia, ma manterrà  quella continuità e quel legame con il passato che rappresentano le radici e le fondamenta della Cina futura. Si può essere certi che quando il popolo avrà una coscienza democratica matura non tradirà il suo Paese di cui è orgoglioso di appartenere.

E così, forse, anche noi italiani dovremmo prima di tutto assumere questa consapevolezza e tornare ad essere come qualche decennio fa, orgogliosi di essere italiani, più che azzuffarsi e screditarsi a vicenda come avviene adesso.
Anche noi dovremmo superare i nostri egoismi, le nostre piccole e inutili rivalità e seguire quel proverbio cinese che dice:
"La goccia d'acqua del fiume non si chiede quanto sia utile la sua esistenza. Essa è il fiume"

domenica 5 giugno 2011

Gli accordi di cooperazione commerciale con la Cina rappresentano una reale opportunità per i Paesi esteri ?

Da quando la Cina si aperta al mondo, con la politica delle Porte Aperte alla fine degli anni '70, ha intensificato una attività che già portava avanti da anni e cioè quella dello scambio di visite diplomatiche e commerciali e la sigla di trattati di cooperazione commerciale.
Spesso per noi occidentali la visita di queste delegazioni numerose e la sigla di accordi (volutamente) vaghi sembrano avere poca concretezza e non un risultato immediato.
Quando poi questi accordi, e le successive visite, assumono aspetti più concreti si nota come la politica della cooperazione basata sullo "scambio" di servizi e know how sia apparentemente sbilanciata a vantaggio della parte cinese. Così, spesso, a fronte di un accordo di cooperazione si vede che la parte occidentale apporta il know how tecnologico e la parte cinese i vantaggi logistici, operativi, talvolta legislativi per operare in terra cinese. In sintesi si potrebbe dire che, in modo trasversale per i più disparati settori merceologici, la cooperazione cinese con i Paesi stranieri è basata sulla formula : "Tu straniero cedi know how... insegna a migliorare un nostro prodotto o un nostro servizio.... e noi, Cina, ti facilitiamo l'apertura del mercato cinese, garantendoti il "non ostacolo" o "limitazione" all'ingresso dato dalla burocrazia cinese (dogana, leggi e regolamenti speciali, tassazione, limitazione per investimenti stranieri)".
E in effetti è così. Per aprire il mercato cinese serve un partner cinese che sposi e creda nel progetto, ma soprattutto nel partner straniero. Ed è in quest'ottica che si devono leggere gli accordi di cooperazione commerciale, ma anche gli accordi di amicizia, i gemellaggi fra le città cinesi e straniere, gli scambi di visite istituzionali. Non dobbiamo mai aspettarci che un evento in Cina produca un effetto immediato. E' sempre parte di una strategia che ha i suoi tempi, sia che ci si muova a livello istituzionale, sia che riguardi rapporti  commerciali fra PMI. Ogni incontro è una tappa, un tassello che serve a creare quel rapporto solido basato sulla fiducia e sul rispetto in primis, poi sulla convenienza reciproca.
Ma il trovare il partner "vero" è in realtà un punto di arrivo. E' come fidanzarsi per poi sposarsi. Non possiamo dire, noi aziende italiane,  vado in Cina con l'obiettivo di fare una Join Venture. Dobbiamo dire vado in Cina per capire il mercato che è il mercato del futuro, al fine di addivenire alla creazione di una Joint Venture quando avrò trovato il partner giusto. Questa fase ha i suoi tempi; e non sono tempi brevi.
Quindi il trovare il partner commerciale giusto in Cina è un punto di arrivo e non di partenza !!!
Alla luce di tutto ciò è più facile capire la logica di missioni, accordi di amicizia, accordi di collaborazione, accordi quadro di cooperazione commerciale che alla lettura sembrano troppo generici.
Molti, anche in Italia, si chiedono quanto sia utile alle aziende italiane (specie in settori come Hi Tech) o quanto invece ci sia il rischio di essere copiati e di fornire solo utili informazioni e dati alla parte cinese.
Il rischio di essere copiati c'è, ed è alto. Ma lo è ancora di più se non si cerca di regolarizzarlo con accordi e con collaborazioni dove almeno possiamo ottenere un vantaggio. Tuttavia per copiare tecnologia, copiare prodotti di tutti i generi, copiare i nomi ed i Brands, la parte cinese che lo vuol fare non ha bisogno certo di accordi. Basta acquistare un prodotto, o meglio un manager ! Infatti quasi sempre dietro alla copia, al falso, al furto di marchi e brevetti in genere c'è da un lato la negligenza dell'azienda italiana che non ha provveduto alle registrazioni e relative tutele che il diritto internazionale offre e da un altro lato c'è quasi sempre la connivenza e collaborazione di qualche figura occidentale esperta del settore.
Allora ben vengano gli accordi di collaborazione, di amicizia, commerciali, di scambio di know how. Senza paura affrontiamo il mercato ma.... in attacco ! Cogliamo l'opportunità, senza paura, senza timore di essere copiati, d'altronde il tentativo di essere copiati deve essere motivo di orgoglio ! Vuol dire che siamo interessanti per la parte cinese. Siamo noi che dobbiamo cogliere l'occasione e cercare di ottenere qualcosa per fare un passo ed entrare nel mercato.
Tutto in Cina passa da accordi di collaborazione e contratti e questi, quando sono firmati, hanno un valore, anche in Cina.
Tuteliamo la proprietà intellettuale, i marchi, i brevetti, i nostri interessi ma non affrontiamo il mondo cinese con paura e prevenzione intellettuale.
Spesso noi italiani siamo impreparati, ma quando affrontiamo managers cinesi, spesso giovani e dall'aspetto mite, non dobbiamo farsi ingannare dalle apparenze: sono preparatissimi e spesso non sono mai usciti dalla Cina, ma sanno affrontare managers stranieri con una abilità e strategia commerciale da consumati uomini d'affari.d'occidente. Chi emerge in Cina a certi livelli ha veramente i numeri. D'altronde la selezione comincia già da piccoli ed il primo esame lo hanno a soli 3 anni e, in base all'esito, già si decide parte del loro futuro in quanto verranno assegnati scuole di diverso livello.

La Cina da sempre crede nella politica degli accordi di collaborazione. Questa politica le ha permesso di fare la crescita che ha fatto, che altrimenti da sola non avrebbe mai realizzato. I Paesi stranieri che hanno collaborato e poi seguito attivamente ed in loco questi accordi nel corso degli ultimi 30 anni si sono ritagliati fette di mercato di sicuro interesse e vitali per l'economia del loro Paese (penso alla Germania, la Francia, il Giappone, gli USA, l'Australia, il Cile, ed altri ancora).
L'Italia è pigra sia nelle attività che negli investimenti e questo purtroppo si nota in Cina. Noi abbiamo qualcosa che altri non hanno, ma presto nuovi Paesi entreranno in competizione con noi e penso all'Africa dove la Cina si sta inserendo sempre più prepotentemente (anche alla ricerca delle materie prime).
La politica cinese degli accordi sembra seguire la logica di un proverbio cinese che recita:
"Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita"

Noi Italia dobbiamo "insegnare a pescare" alla Cina nei settori dove siamo forti e da loro ricercati, ma poi dobbiamo continuare a pescare con loro.

domenica 22 maggio 2011

La rivincita di Chiang Kai Shek

All'indomani della fine della guerra civile in Cina nel 1949 Mao Zedong proclamò la Repubblica Popolare di Cina (1° ottobre) e Chiang Kai Shek, con l'aiuto degli USA, scappò sull'isola di Formosa per fondare la Repubblica di Taiwan.
La guerra Civile era iniziata nel 1927 dopo una serie di eventi importanti :  la caduta dell'ultimo imperatore (1911 dinastia Qing), il potere dei signori della guerra,  il tentativo fallito di fondare una nuova repubblica (Kuomintang) da Parte di Sun Yat-sen (1921) cercando alleanze prima in Europa poi con la Russia con l'obiettivo di unire nel Kuomintang il neonato  Partito Comunista Cinese di Ma Zedong.
Così Kuomintang (Chinag Kai Shek) e Partito Comunista Cinese (Ma Zedong) cominciarono questa lunga e sanguinosa guerra civile che ebbe una breve parentesi di collaborazione tra 1937 ed il 1941 per combattere l'invasore Giapponese. Ma non fu mai vera alleanza, ambedue volevano riunire la Cina e prenderne il controllo.
Dopo una breve tregua tra l'agosto del 1945 e la primavera del 1946, voluta soprattutto dagli americani, lo scontro si fece forte e decisivo tra il 1946 e la fine del 1949, all'indomani delle bombe su Hiroshima e Nagasaky che decretarono la fine del Giappone.
Così mentre gli USA armavano le truppe di Chiang Kai Shek Ma Zedong utilizzava il materiale bellico giapponese.
Così il 1° ottobre 1949 Mao ed i suoi contadini autori della "Lunga Marcia" (12,000 km in 370 giorni) una sorta di fuga/accerchiamento, riusci a scacciare l'amico nemico Chiang Kai Shek nell'isoletta di Formosa che l'ONU riconoscerà come vera Cina per oltre vent'anni.
Lo smacco psicologico, ancora oggi palpabile fra i Cinesi Taiwanesi sessantenni, stava nel fatto che Mao abile ed intelligente, era riuscito a creare un esercito da dei contadini, ma ancora di più era riuscito a creare quel "culto della personalità" che lo avrebbe reso forte e potente per altri 26 anni.Mentre Chiang Kai Shek (il Generalissimo), con il vero esercito alle spalle, che aveva cercato (invano) alleanze con stati occidentali al fine di evitare l'ascesa al potere di Mao (di cui ne riconosceva la forza) era costretto a lasciare la sua terra. Lui cinese con i suoi seguaci costretto a fuggire. E per i cinesi di Formosa (Taiwanesi) sarebbe durato a lungo il divieto di tornare in Cina. Fino agli anni '80 anche per un Europeo che avesse avuto un visto di di ingresso di Taiwan sul passaporto era vietato l'ingresso in Cina.
Alcuni amici di mio padre raccontano di essere scappati a nuoto dalla Cina (l'attuale Shenzhen) per raggiungere Hong Kong.
Con Chiang Kia Shek veniva esiliata l'intellighenzia cinese e con loro il forte aiuto economico, tecnologico e militare da parte degli USA che ne determinerà la forte crescita economica, politico/strategica e quindi militare di Taiwan. La piccola isola di Formosa diventava l'avamposto USA (anche militare)  per controllare le mosse e la crescita della Cina Popolare.
Mao  Zedong (e qui sta il suo valore) farà crescere la Cina alleandosi con tutti e con nessuno allo stesso tempo. Così nell'arco di quasi 30 anni passerà da collaborazioni con la Russia, poi con Francia e altri Paesi dell'Europa, con i Paesi dell'Europa dell'Est,  fino ad arrivare a quella con gli USA il cui rapporto  inizia con la visita di Nixon a Pechino nel 1972 e con il successivo "Comunicato di Shanghai" (che di fatto sanciva una collaborazione fra USA e CINA al fine di frenare l'invasione Russa in Asia).
Ed è dalla collaborazione con gli USA, che decollerà con la definitiva politica di apertura all'Occidente  che Deng Xiaoping inizerà nel 1978 (tre anni dopo la morte di Mao) la "Politica delle Porte Aperte", che rientrano in gioco i (cugini)  di Taiwan !
Mai amati ! Ma necessari alla crescita. Mai riconosciuti, ma temporaneamente lontani certi che prima poi anche quella piccola isoletta tornerà alla Cina. I cinesi di Taiwan diventano il ponte per ottenere l'aiuto economico (investimenti esteri) e tecnologico dei più esperti USA senza con questo permettere che la Cina diventi terra di conquista !

La Cina comincia con gli anni '80 quella politica di avvicinamento alla cultura capitalistica, senza rinnegare il passato, ma cercando di dare una continuità che sulla carta (ed anche in realtà !) pare quasi impossibile. Eppure Deng Xiaoping il piccolo traghettatore vi riesce. A 74 anni prende in mano il Paese e cambia completamente indirizzo e identità al Paese, facendolo crescere come nessun altro, pur non rompendo con il passato mantenendo saldi i principi ed il culto di Mao del quale era amico e seguace, ma dal quale subì un paio di epurazioni e la perdita della sua famiglia. Deng mantiene la continuità con il passato attraverso il controllo dell'esercito e attraverso la programmazione dei piani quinquennali.

Agli inizi degli anni '80 è Taiwan rappresenta insieme ai cinesi di Hong Kong il punto di contatto con l'occidente altamente più evoluto. Così il commercio passa da questi sue Paesi. Ma mentre Hong Kong è si modello, ma soprattutto centro finanziario e trampolino di crescita del sud della Cina, da dove partono le prime riforme non a caso, Taiwan rappresenta la parte vera cinese, quell'esperienza politica, militare, e dopo la vicinanza con gli USA anche economica più vicina alla Cina Popolare.

Ed ora come allora si è creata questa Lobby. Per cui  la comunità taiwanese è molto unita. Fra loro: collaborano, sviluppano progetti insieme,  e quasi cercano di mantenere le distanze dai cinesi della Repubblica Popolare,  cercando di rimarcare due cose: la distanza e l'esperienza culturale con i cinesi della Repubblica Popolare ed il fatto che quella Cina, dove ora possono circolare ed investire liberamente, è anche la loro terra, dove loro sono nati o dove i loro genitori hanno vissuto. E' come se ci ci fossero due correnti nello stesso fiume, due guanxi, o di nuovo Kuomintang e Partito Comunista Cinese, in stretta e necessaria collaborazione, uniti dal comune interesse di cavalcare la tigre del forte sviluppo economico, ma forse non in  totale amicizia e armonia.
E così mentre i cinesi di Taiwan rivendicano e rimarcano la loro "nobile" origine, i cinesi popolari manifestano la loro "poca" simpatia per i taiwanesi rei forse di aver tradito in passato.

Io ho molti amici Taiwanesi e molti sono tornati in Cina nei primi anni '90 nella terra dei loro padri ed hanno creato la loro attività ed investito in quei luoghi. Molti di questi provengono dagli USA dove sono residenti e dove sono nati, studiano e lavorano i loro figli.

Oggi i maggiori professionisti, investitori, società di consulenza e marketing sono Taiwanesi.

E' soprattutto dalla seconda metà '90, con l'aumento degli investimenti esteri e lo sviluppo dell'urbanistica, dei punti vendita e della progressiva occidentalizzazione dei grandi centri urbani sul modello USA, che i taiwanesi hanno incrementato la propria presenza ed influenza (e potere) in Cina. Non ultimo il fatto che spesso erano (e sono) il terminale cinese di investitori USA che utilizzavano (utilizzano) figure esperte e professionali con una base culturale e linguistica "necessaria" all'approccio con il Paese della Grande Muraglia.

Possiamo dire che questo tempo è la rivincita di Chiang Kai Shek ! Il ruolo assunto da certi taiwanesi è di sicuro rispetto. Ma nella filosofia orientale non c'è il sentimento della rivalsa. Il cinese di Taiwan così come quello di Hong Kong si è sempre sentito cinese con la volontà di tornare nella madre patria, per questo non sentiremo mai un cinese seppure espulso dal suo Paese parlar male della sua patria.

Questo nazionalismo e amor di patria è sicuramente un merito di Mao Zedong a cui Deng Xiaoping ha dato continuità ed al quale anche i cinesi di Taiwan tengono.

Fra i proverbi cinesi ce ne uno che  raffigurare il rapporto fra Cinesi di Taiwan e Cinesi della Repubblica Popolare Cinese ed è quello che recita:

"Dormire nello stesso letto, ma fare sogni diversi!"

domenica 15 maggio 2011

Pene severe e certezza della Pena ecco come la Cina mantiene l'ordine

Il 2010 ha registrato in Cina numeri da record legati alla guida dell'auto in stato di ubriachezza:

- 65.000 morti per incidenti stradali causati da ubriachi al volante
- 70.000 i denunciati  giudicati dai tribunali
- 526.000 gli ubriachi al volante arrestati dalla polizia

Se per noi in Italia questo è un problema serio, in Cina lo è ancora di più soprattutto se si considera il numero elevato della popolazione, l'alta percentuale di vendita di auto (15.000.000 di  immatricolazioni annue negli ultimi 5 anni) , la continua crescita delle patenti, la sicurezza delle strade che non sono autostrade e soprattutto, particolare da non sottovalutare,  il fatto che in Cina il 干杯 Gānbēi, o brindisi, è una pratica molto comune in occasione di pranzi e cene sia fra amici che (e soprattutto) in occasioni di pranzi di lavoro anche con ospiti stranieri. Si comincia a fare brindisi sin dall'inizio della cena e si continua anche dopo. Non  è difficile che un singolo commensale possa bere 12 bottiglie di birra in una serata.
Se poi la cena ha come ospite uno straniero, allora costui  (la vittima !) oltre a partecipare ai brindisi di gruppo brinderà anche singolarmente con i vari commensali come segno di amicizia.

E così lo stato cinese, visto il crescente numero di incidenti, ha pensato di emanare dal 1° maggio 2011 una legge  che vedrà "sicuramente" ridurre il numero degli incidenti e dei morti per il 2011.
Vediamo in sintesi cosa dice.
Per la legge cinese chi viene trovato con più di  20 mg di alcohol per 100 ml di sangue è considerato ubriaco.
Ma dal 1° maggio la violazione di tale regola è regolata dal diritto penale per cui  se vengono trovati alla guida con 80 mg scatta la prigione da uno a sei mesi. Chi causa incidenti con un morto o due feriti gravi avrà la patente revocata per sempre e andrà in prigione. Nel febbraio scorso un ubriaco che aveva ucciso uno studente è stato condannato a 7 anni di prigione.
La violazione di tali regole porterà anche alla perdita del posto di lavoro, se dipendente pubblico, oppure al divieto di partecipare a concorsi  o richiedere posti di lavoro come dipendente pubblico.
E così i 7,000 vigili che presidiano Pechino hanno registrato un riduzione di circa il 20% degli incidenti confrontando le cifre del 1° maggio 2010 con quelle del 1° maggio 2011 data dell'entrata in vigore delle pene più severe.

Ero presente a Shanghai la scorsa settimana e posso dire che i cinesi erano terrorizzati da questa nuova legge, che peraltro condividevano. Così una sera siamo andati a cena con un amico che ha una fiammante Ford il quale ci ha accompagnati al ristornate ed ha mangiato con noi (e bevuto pochissimo), tuttavia, dopo cena,  ha pensato bene di tornare  a casa in Taxi, per non rischiare.

A questo punto penso al nostro Paese ed a quello che non facciamo. Ci nascondiamo dietro il fatto gli altri Paesi  sono contesti diversi dal nostro, frasi del tipo "...si, ma lì è più facile". In realtà altrove si affronta il problema e si cerca di risolverlo con decisione e certezza della pena, che qui, da noi, in Italia, purtroppo non  sono trovano spesso.

Al'indomani dei tragici fatti del G8 di Genova dove perse la vita un dimostrante dopo che un un gruppo aveva assalito la Polizia, si svolse a Shanghai il meeteing dell'APEC (ASIA PACIFIC ECONOMIC COOPERATION) di cui fanno parte i 22 Stati che si affacciano sul Pacifico. Poiché la riunione prevedeva l'arrivo dei 22 Capi di Stato (come per il G8 di Genova) Shanghai volle dare una regola ai cittadini ed ai visitatori. Molte settimane prima dell'evento furono informati cittadini ed organismi stranieri attraverso stampa, televisione, radio manifesti, che nessuno sarebbe potuto entrare nel perimetro della città (un grande quartiere di Shanghai) dove erano presenti i Capi di Stato nei giorni del meeting APEC e che la polizia e l'esercito avrebbe potuto sparare a vista. Alcune delle nostre ragazze dell'ufficio di Shanghai che abitavano all'interno della suddetta area avrebbero dovuto rimanere in casa per i 3 giorni previsti di riunione e così in effetti fecero.

La domanda che i  due esempi (alcohol test e APEC) ci porta a fare sorge spontanea: limitazione della libertà individuale o tutela della sicurezza collettiva ?
Personalmente sono dell'idea che la libertà individuale arriva fino al limite in cui non si ledono diritti altrui. In entrambi i casi la Cina agisce a tutela del bene sociale, ma anche individuale, in quanto nel primo caso si riducono il numero dei morti e nel secondo caso si tutela l'incolumità dei capi di stato, ma anche si tutelano beni e salute dei cittadini.

Qualche volta mi piacerebbe che anche il nostro Paese avesse regole precise e certezza delle pene.

Un proverbio cinese recita "Una pietra di giada è inutile se non è lavorata, così un uomo è un buono a nulla se non è educato"

Si tratta di educare la comunità attraverso il rispetto di regole precise, anche attraverso la certezza della pena per chi non le rispetta (a tutela e garanzia di chi le rispetta). Questo principio mira a salvaguardare il bene comune e l'integrità e la dignità di ogni singolo individuo.

domenica 3 aprile 2011

Cina: pazienza + tempo = amicizia

Uno dei problemi maggiori di chi entra in contatto con  "l'universo Cina" è capire chi è e cosa pensa questo "cinese"  che ci sta di fronte.
E' senza dubbio l'ostacolo più grande ed è una costante nei rapporti con le persone del Grande Paese di Mezzo.
Le differenze culturali sono enormi e non possono essere colmate nemmeno dopo anni ed anni di amicizia. Se è vero che è difficile costruire rapporti profondi e conoscere a fondo persone vicine a noi, ed a volte familiari, lo è ancora di più, e talvolta rasenta l'impossibile, costruire rapporti profondi, come li intendiamo noi (che non è detto che siano quelli giusti) con persone di quel Paese. Perché?
Il cinese è chiuso, educato, timido, orgoglioso (soprattutto della sua storia), schivo,  diffidente, ospitale, formale, ha paura di ferire l'altra parte con atteggiamenti o parole, pragmatico, essenziale, diventa amico con il tempo (qualche anno), antepone allo straniero la sua comunità, la sua gente, non vuole perdere la faccia, non vuole parlare di politica, non parla volentieri di cose personali, talvolta è permaloso, ha una propria dignità, ed altro ancora.
La domanda che verrebbe da porsi è : 
"Perché complicarsi la vita cercando di creare un rapporto così apparentemente difficile da instaurare ?" 
Diciamo che non è obbligatorio, ma se si vuole creare un rapporto profondo con quel Paese si deve avere un AMICO. In Cina si ha successo se si ha un AMICO.
E quando il cinese è amico, è amico vero: non dimentica, non è legato solo da un interesse particolare, ti aiuta, non ti lascia mai, è sincero, insomma tutto quello che un amico dovrebbe essere. E' un concetto ben più ampio di come a volte consideriamo noi l'amicizia, che a volte è semplice conoscenza.
Se tutto questo si applica ad un rapporto lavorativo ciò assume ancora più valore. E se è vero che nel mondo occidentale diciamo che non importa essere amici per fare affari, in Cina è esattamente il contrario. Per loro il concetto di amicizia equivale a "fiducia". Il potersi fidare, fare affidamento sulla controparte, sul non essere traditi, sul non perdere la faccia, perché entrare nel mondo cinese, quello vero, quello della Guanshi, vuol dire avere un amico che ci fa entrare, che garantisce per noi nella comunità cinese.
Tutti  i rapporti con i cinesi sono regolati dalle "relazioni", dalle "amicizie". Ed è alla luce di questo che dobbiamo capire perché la Cina predilige le Joint Ventures (o Società Miste) ad altre forme di collaborazione con partners stranieri quali agenzie, rappresentanze o altro; o perché predilige l'Arbitrato al ricorso al Giudice in caso di controversie; o perché certi rapporti personali sono molto più importanti di contratti controfirmati.

Un'altra domanda che potrebbe porsi un imprenditore potrebbe essere: 
"Come faccio a fare affari con la Cina ? non posso diventare amico di tutti o attendere di diventare amico di un possibile partner cliente o fornitore cinese !"
Per aprire il mercato cinese  si deve avere (crearsi)  un "amico" (partner) di cui fidarsi. Ma qui entra in campo un altro elemento fondamentale nei rapporti con la Cina: il TEMPO. 
In Cina il concetto di tempo è diverso da quello inteso nel mondo occidentale. Se non si capisce questo,  e se non si entra nel loro ordine di idee, ci scontreremo sempre con questo muro invalicabile, e non avremo mai successo o buone relazioni in Cina.
Nel commercio noi ci poniamo il tempo per fare una trattativa, o una operazione (un viaggio, una fiera, una missione, una data, una scadenza improrogabile). Per il cinese la trattativa e l'operazione sarà fatta quando i tempi saranno maturi. L'obiettivo è il solito, l'approccio è completamente diverso. 
Questo non deve essere inteso come "perdita di tempo", bensì come "base", "fondamento" di un rapporto duraturo che non avrà in seguito problemi di tempo.
Potremmo biblicamente portare l'esempio della casa costruita sulla roccia, o, per i più piccoli, seguire l'esempio del porcellino saggio che, a differenza dei suoi due fratellini, aveva costruito la casa di mattoni, anziché di paglia o legno, per difendersi dal lupo.
Il tempo è necessario per conoscersi, per creare un solido rapporto di fiducia (amicizia), per poter capire se (io straniero)  posso essere inserito nella comunità (cinese) senza tradire (far perdere la faccia) a chi mi presenta (amico).

Questi due elementi fondamentali che caratterizzano le relazioni con la Cina sono legati da una virtù  al quanto sconosciuta oggi dalle nostre parti, ma che in Cina sembra aver sopravvissuto ai vari passaggi storici: la PAZIENZA.
E' la pazienza che permette di valutare con calma chi si ha di fronte, gli eventi, le situazioni. E' la pazienza che ci deve dare il tempo d studiare ed essere preparati per affrontare mondi e persone lontane sia fisicamente, sia culturalmente. E' la pazienza di attendere che ci fa valutare chi è vero amico (e non solo in Cina !).
E' la pazienza che ci permette, nel lavoro,  di programmare, stabilendo i tempi, i modi e gli attori (amici).

Un antico proverbio cinese recita: "La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, il gelso si tramuta in seta"

domenica 13 marzo 2011

"Guanxi": il segreto di come aprire il mercato cinese

La due domanda che mi sento fare dalle aziende sono sempre le solite da anni :
" Si vende il mio prodotto in Cina ?" e di seguito "Cosa si può  esportare in Cina ?". 
Togliendosi di dosso la veste del diplomatico e cercando di essere telegrafico ma diretto,  mi verrebbe di rispondere (da toscanaccio) alla prima domanda "Che ne so !" ed alla seconda: "Tutto".
Tuttavia queste risposte poco garbate racchiudono la verità. E cercando di essere più gentili, ma sempre chiari e diretti, si potrebbe aggiungere che per valutare se il mercato è ricettivo per i prodotti di una azienda si deve fare un test "diretto sul mercato cinese" tenendo presente il fatto che il cinese, e quindi il mercato cinese, oltre ad essere diverso da tutti gli altri, ha particolari caratteristiche; una su tutte: è la TERRA DELLE CONTRADDIZIONI..
Il Cinese è pragmatico, ma diffidente. Noi puoi raccontargli che hai un bel prodotto e sperare di venderlo dal catalogo (o grazie ad una fiera di 3 giorni) magari con pagamento anticipato. Lo devi portare in Cina e lui lo comprerà. Ma essendo un mercato nuovo, sei tu, produttore straniero, che devi proporre ciò che pensi sia giusto per il mercato cinese e non  aspettare che il cliente cinese faccia la selezione.
E' una Paese con un numero elevatissimo di fiere, eventi, workshops, ma non esiste un albo dei rappresentanti o dei distributori. Quindi la fiera è più per pubblicità che effettivamente organizzata (come dovrebbe essere) per incontrare esperti di settore.
Anche leggendo la costituzione cinese troviamo contraddizioni: la Cina è "uno Stato socialista soggetto alla dittatura democratica del popolo". Già la definizione "dittatura democratica" è contraddittoria come enunciazione, se poi aggiungiamo che c'è un solo partito !
Una caro amico cinese oggi grande manager di una delle più grandi case automobilistiche cinesi ci dice che la Cina è come una auto che mette la freccia a sinistra, ma gira a destra.
Tuttavia non posso che  elogiare quello che il Governo cinese ha fatto dal 1980 ad oggi,  che credo non abbia e non avrà eguali in altri tempi e parti del mondo.
Altre contraddizioni: la Cina è fra i più grossi produttori di tessuti di Cotone e Lana, ma la materia prima da anni è costretta ad importarla rispettivamente dal Kazakistan e dall'Australia. 
Potremmo continuare a lungo sulle contraddizioni di un mercato e di un popolo tanto affascinante, quanto complesso.

Siamo ora, quindi, in grado di  poter rispondere più ampiamente  anche alla seconda domanda, dicendo che il mercato cinese così grande, così vario, così in crescita ha bisogno di tutto e chiede di tutto.

Ma c'è una domanda che le persone e le aziende non ci fanno, sperando forse di trovare da sole la risposta: 
"Quale è la formula per  vendere in Cina ?"

Si dovrebbe rispondere con un elenco di elementi fondamentali necessari, quali: formazione, preparazione, presenza stabile sul territorio, investimento, programmazione a medio e lungo temine, affidarsi ad esperti, e tanti e tanti altri fattori determinanti. Ma c'è una parola cinese che è la chiave vera per aprire il mercato è che è il risultato dell'applicazione degli elementi fondamentali sopra elencati, "GUANXI".
Guanxi (Pinyin: gūanxi) indica un sistema di relazioni molto profonde, una trama di rapporti sociali, un network interpersonale che si forma sin dalla scuola (i genitori infatti scelgono una scuola dove il figlio potrà inserirsi in un gruppo sociale su cui fondare i propri punti d’appoggio in età adulta). Guanxi è dunque un network di contatti (che si forma in un arco temporale molto lungo) a cui un individuo può fare riferimento quando ne necessita; ad esempio per velocizzare pratiche burocratiche, per ottenere informazioni importanti o per conseguire altri favori. Non necessariamente le guanxi devono essere dirette, ma si può raggiungere un obiettivo tramite guanxi altrui.
Guanxi, relazioni, rapporti umani, contatti, sono elementi fondamentali in un mercato basato ancora sulla "persona", sulla fiducia reciproca, sul "non perdere la faccia". Spesso viene letto come sistema quasi mafioso che si sostituisce alle istituzioni. In realtà è qualcosa che fa parte della cultura cinese e che completa ed integra l'attività delle istituzioni  e che ancora oggi sembra  sopravvivere, nonostante l'economia e la società cinese si sia molto occidentalizzata.
Creare giuste connessioni, Guanxi, significa avere la guida per la propria "Missione" in Cina. E' il punto di arrivo di un percorso che premia chi, appunto, ha investito, è stato presente sul mercato ed ha cercato di capirlo, di seguirne l'evoluzione, ci ha creduto, ci ha scommesso (elementi molto apprezzati dai cinesi). E' il punto di arrivo di chi ha cercato di capire la mentalità di un popolo chiuso nel suo orgoglio di grande impero millenario, sopito e umiliato per buona parte del xix° e del xx° secolo, ma rinato soprattutto grazie alla mentalità aperta e moderna di un piccolo grande uomo (Deng Xiaoping) che alla tenera età di 74 anni ha preso in mano un Paese isolato dal mondo, povero e senza regole di diritto o commerciali e, de facto, lo ha governato fino a 88  creando una  potenza mondiale con caratteristiche tipicamente occidentali. 
Guanxi, dunque, come punto di arrivo di un lungo e faticoso percorso che dovrebbe concretizzarsi con le tante auspicate Joint Ventures o cooperazioni con partner locali, necessarie per sviluppare rapporti commerciali o culturali in un Paese straniero, ma sempre molto difficili e, statisticamente, fallimentari in Cina.
In fondo queste Cooperazioni o Joint Ventures sono collaborazioni legate a progetti condivisi con  reciproci vantaggi per la parti. Ci si conosce meglio, si ha fiducia l'uno nell'altro, ma si mantiene la propria identità e cultura nel rispetto reciproco, come è giusto che sia. 
E' per confermare ancora come la contraddizione e la doppia interpretazione sia una degli elementi portanti di questo Paese, cito un proverbio cinese che sintetizza così le joint ventures o collaborazioni con partners  stranieri: 
"Dividere lo stesso letto, ma fare sogni diversi".
Buona Cina !





domenica 27 febbraio 2011

"Ogni lungo viaggio è cominciato con un passo solo"

Cari amici, curiosi, lettori, amanti ma anche avversi alla Cina, nasce oggi il mio Blog che, naturalmente, parlerà di Cina.
Era da tempo che volevo esternare le mie riflessioni ed analisi sulla Cina frutto di una esperienza "familiare" che parte dal 1946, con mio nonno Arnolfo che importava trecce di paglia dalla China National Animal by Products Corporation necessari alla produzione di Cappelli di Paglia che venivano esportati in tutto il mondo.
Questa tradizione commerciale è continuata con mio padre che dal 1959 ha "conosciuto" il commercio con la Repubblica Popolare Cinese e che dal 1980 ha cominciato a visitarla (ed ancora non ha smesso !) con viaggi regolari. La tradizione familiare non si interrompe ed io, dal 1995, inizio la mia esperienza lavorativa con la Cina che vanta ad oggi una media di 4 viaggi annui (considerando i 16 anni di attività, sono circa una sessantina !!!!).
Perché questo Blog ? Forse perché ero stufo di parlare da solo ! O forse ero stanco di parlare e di essere compreso solo in parte ed a volte per niente ! O forse solo per cercare di spiegare alla gente, agli imprenditori soprattutto, che non si può guardare alla Cina con una visione estrema: o facile o impossibile; ma si può guardare alla Cina solo cercando di capirla. E per fare ciò ci vuole tempo, molto tempo.
Quello che cercherò di fare con questo Blog (che considero un  "diario del XXI° secolo"), se mai qualcuno lo leggerà, non è dare una ricetta (che forse non esiste) o una lezione (lungi da me questa presunzione), bensì una testimonianza di chi vive questa realtà direttamente da anni.

E allora parlerò di Cina, quella vera ! Quella di mio nonno, di mio padre e della sua esperienza di 31 anni (ad oggi) quella mia delle mie visite (16 anni), la Cina de ragazzi giovani incontrati, degli anziani, del commercio e della cultura, dello sport e della politica, della religione, dell'economia e della famiglia. Racconterò quello che vedo e quello che ho visto,  quello che mi "confidano" i miei amici cinesi, ma anche la Cina vista dagli stranieri che vivono e lavorano in quella terra.  Insomma una visione della Cina a 360° gradi vista con gli occhi di chi l'ha vissuta e la vive tutti i giorni, chi la sente un tassello fondamentale della propria vita, sperando possa essere utile a chi, anche per la sola curiosità, vuole sapere qualcosa di più sulla Cina.

Prima di cominciare questa nuova esperienza  vorrei ringraziare mio padre per la passione, il coraggio, la perseveranza e l'esperienza  che mi ha trasmesso sin dall'inizio. E' grazie a lui se ho iniziato questa avventura con la Cina.
Vorrei ringraziare mia moglie per la pazienza e la fatica nello starmi vicino, visti i numerosi viaggi e soggiorni in Cina. Senza la sua forza non avrei potuto fare quello che ho fatto. Ha volte ho abusato della sua pazienza !!!!!
Un ringraziamento poi va al mio professore Renzo Rastrelli, dell'Università di Firenze, che ci ha lasciati prematuramente circa un paio di anni fa e profondo conoscitore della cultura cinese, del quale ammiravo la sua serenità, la sua pace, ma anche la sua decisione e la sua concretezza frutto di un giusto mix fra filosofia Cinese e Occidentale.

I cinesi dicono "Ogni lungo viaggio è cominciato con un passo solo"
Cominciamo il viaggio ! Dobbiamo guardare alla Cina, è inevitabile; tutti dobbiamo e dovremo fare i conti con questa società.
Quindi affrontiamo l'argomento in modo deciso, nella maniera giusta, ma un passo alla volta.