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giovedì 6 dicembre 2012

Programmazione, pianificazione e orgoglio nazionale in Cina

Il XVIII° congresso del Partito Comunista Cinese svoltosi nel novembre scorso ha deciso la nuova leadership che governerà la Cina nei prossimi 10 anni. Lo ritengo un gesto di grande forza ed intelligenza che rende un Paese sempre più forte, sicuro e stabile. La programmazione e la pianificazione delle attività, unita alla capacità di scegliere la leadership giusta è la vera forza della Cina.
Si può obiettare che la Cina sia una vera democrazia; un Paese con un partito unico non è una democrazia, ma non si può certo obiettare che questa classe dirigente abbia fatto crescere il Paese, che lo  abbia mantenuto unito nonostante le crisi interne ed esterne e che abbia mantenuto intatto in ogni cittadino l'orgoglio di essere cinesi.
Programmazione, pragmatismo, orgoglio nazionale, sacrificio, spirito di squadra sono elementi comuni sia alla classe politica che a quella economica in Cina. Esistono, tuttavia,  frequenti casi di corruzione al quale il Governo Centrale vuole porre fine.Tuttavia se  consideriamo un Paese con circa un miliardo e 400 milioni di abitanti, 56 gruppi etnici (anche se il 92% è Han)  su un territorio di 9.500.000 km quadrati si può capire e valorizzare la capacità della classe dirigente di aver mantenuto una crescita costante del paese dal 1980 ad oggi, riducendo il tasso di povertà, e mantenendo soprattutto la sicurezza sociale. Città come Shanghai con circa 25 milioni di abitanti con  oltre 11 linee di metropolitana sono sicure di giorno e di notte e la polizia è comunque presente.
Ci si domanda come mai la Cina acquisisca fette di mercato e potere a livello internazionale nonostante si sia aperta ufficialmente al mondo nel 1979 dopo decenni di isolamento e arretratezza. Programmazione, investimento, formazione, strategia, stabilità politica, forte spirito nazionale, politica di attrazione di investimenti esteri sono state le regole d'oro per la crescita; in pratica l'opposto di quello che l'Italia ha fatto negli ultimi anni.

Oggi molte aziende vogliono affrontare nuovi mercati come quello cinese. Si muovono adesso spinti più dalla necessità che da una vera politica di penetrazione ed apertura di mercato.Ma queste azioni spesso non hanno una programmazione alle spalle, non hanno una oculata politica di internazionalizzazione e soprattutto una politica di investimento e così,  come accade spesso  nella vita anche negli affari la fretta è una cattiva consigliera.
La Cina non hai mai fretta e non si pone nella posizione di doverne avere.
La Cina ha cominciato la sua politica di internazionalizzazione creando società e reti commerciali nei Paesi dell'Est Europa prima del crollo del muro di Berlino, poiché c'era affinità politica  e non un  eccessivo divario  fra le due economie (Albania, Jugoslavia, Romania i Paesi più gettonati). Non potendo competere nè avere economicamente forza contrattuale con il mondo più evoluto  ha esportato "cinesi" nei Paesi sviluppati ( USA, Canada, Germania, Nord Europa, Francia e Italia) creando comunità forti, numerose, fonti di informazioni preziose per la madre patria e forza lavoro necessaria nei Paesi dove si erano recati. All'inizio solo forza lavoro a basso costo oggi investitori ed industriali. In sintesi la Cina ha PROGRAMMATO e PIANIFICATO questa attività sapendo che era necessario un ventennio per poter essere competitivi con il più evoluto e talvolta presuntuoso mondo occidentale.
Oggi per  finalità diverse e urgenti (approvvigionamento di materie prime) sta usando la stessa strategia in Africa unitamente ad una politica di acquisizione di beni immobili, terreni e società locali.

Ed allora se la nostra classe politica "copiasse" dalla Cina quel pragmatismo, quella voglia di stabilità, quel superare le discussioni di quartiere per il bene comune, forse accrescerebbe l'orgoglio nazionale (che ormai hanno solo gli italiani all'estero) che rende una nazione forte, unita, fiduciosa, capace di ripartire ed in grado di valorizzare le eccellenze che abbiamo in ogni settore.