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mercoledì 16 ottobre 2013

Nababbi cinesi

Nell'elenco dei 100 personaggi più ricchi della Cina il primo, un costruttore, ha una patrimonio di circa 14 miliardi di dollari. In questo elenco dei più "invidiati" al mondo il più vecchio ha 82 anni (60a posizione) ed opera nel settore del carbone, la più giovane ne ha 32 (7a posizione) ed anche lei come il capo classifica opera nel settore real estate, ma la media è sui 50 anni. I settori di appartenenza di questi nababbi sono in maggior misura quelli del real estate, internet, automotive e delle energie rinnovabili.
Questi dati non sorprendono più di  tanto alla luce dell'evoluzione della Cina dal 1990.
Le ricchezze ammassate sono il frutto della rapida crescita dell'economia cinese negli ultimi 20 anni e spesso questi magnati hanno un'esperienza familiare e background Made in Hong Kong. In particolar modo il settore real estate è stato quello più redditizio soprattutto nel breve termine. Quando negli anni '90 Shanghai ha cominciato a svilupparsi c'erano aree come il Pudong dove si poteva acquistare appartamenti che a distanza di sei mesi vedevano letteralmente raddoppiato il loro valore in ragione del fatto che la città si stava allargando e con essa i servizi di comunicazione, centri commerciali, eccetera.
Anche il settore manifatturiero ha portato ricchezze soprattutto a quelle aziende che esportavano. Tuttavia per molti anni la ricchezza è rimasta in mano alle aziende di stato (oggi in crisi) che gestivano burocraticamente le esportazioni e le transazioni finanziarie.
Il settore auto, in fortissima crescita da anni, ha prodotto ricchezza e le Joint Ventures che ne sono nate hanno permesso l'arricchimento di cinesi privati in ragione del rapporto diretto con l'investitore estero.
Il settore comunicazioni, internet e telefonia, è un altro di quei settori che ha conosciuto vendite e transazioni incredibili. Di conseguenza ha permesso ad alcuni di accumulare ricchezze non indifferenti.

Cos'è che rende diverso il cinese straricco da figure simili di altri paesi ?

Sicuramente il basso profilo, la semplicità, l'essere diretti che è poi la forza di questo popolo.
Il numero uno dei cento più ricchi della Cina risponde tranquillamente  al cellulare !
Nei miei quasi 20 anni di Cina ho avuto modo di incontrare e parlare anche confidenzialmente con big boss, managers, investitori ai quali spesso non davo il valore che avevano proprio in ragione dell'atteggiamento semplice e talvolta informale (al di fuori degli incontri di affari) con cui si approcciavano, ma questi erano personaggi talvolta molto importanti e se talvolta giovani con grande potere. E' chiaro che queste figure non le incontri per la strada c'è sempre chi (cinese) mette la faccia per te e ti presenta in ragione del fatto che ti conosce, che può garantire per la tua serietà, che sei referenziato, eccetera. Ma una volta che sei nel cerchio e hai la fiducia non ci sono barriere anche con figure così "potenti".
Il cinese guarda se c'è l'affare e tratta direttamente e decide velocemente. Se ci crede, se ha fiducia e fiuta l'affare, conclude.

Oggi tutti si muovono verso la Cina: aziende, istituzioni, privati, cercando di incrociare uno dei questi ricchi e sperando così di "essere acquistati" (anche se la formula espressa è "ricerca di investitori") per la nostra azienda, per la nostra figura professionale o per il nostro Paese. Tuttavia i grossi investitori cinesi hanno una gamma di possibilità di scelta enorme. Ci sono Paesi, aziende, che offrono più garanzie di noi e questo è il punto che fa la differenza. Non è un caso che il Vino in Cina transiti dalla Svizzera ed il turismo cinese in Europa dalla Germania. E' una gap difficilmente colmabile.
Quello che ci rende lontani, poco interessanti alla Cina e deboli con i concorrenti stranieri è la scarsa capacità all'investimento. Pretendiamo di vendere in Cina, ma non investiamo sul nostro prodotto per farlo conoscere ai cinesi; pretendiamo di incentivare gli investimenti cinesi in Italia, ma non creiamo le condizioni per facilitare l'ingresso di questi investitori. Pretendiamo che l'investimento sia tutto a carico dell'altra parte.

Ecco che torniamo ai nababbi cinesi ed al fatto che essi per creare queste fortune hanno rischiato, investito, scommesso su loro stessi e sul loro Paese. Così se vogliamo fare accordi con queste figure dobbiamo dimostrare di rischiare, investire e scommettere sul nostro prodotto e/o sul nostro Paese. 
Basterebbe forse guardare indietro e rivedere cosa abbiamo fatto dal dopoguerra per almeno un ventennio.
L'esempio dei nostri padri può ancora insegnarci qualcosa.

martedì 1 ottobre 2013

1° ottobre festa nazionale in Cina, cari politici italiani meditate

Si celebra oggi in Cina la festa nazionale della Repubblica Popolare Cinese proclamata il 1° ottobre 1949. 
La Repubblica Popolare Cinese compie quindi 64 anni ed in questi anni (soprattutto negli ultimi venti) ha visto una crescita ed un cambiamento che non ha conosciuto rallentamenti. Da nuova Repubblica isolata dal mondo (nel 1949) si trova adesso ad essere tra le prime economie mondiali con la prospettiva e l'ambizione di essere la prima entro pochi anni. 
Guardando la Cina mi viene automatica una riflessione sull'Italia da dove siamo partiti a dove stiamo arrivando. Ammirando il successo della Cina annotiamo la nostra perdita di credibilità. Basta guardare cosa ha fatto la Cina per capire il suo successo e, purtroppo, constatare il nostro insuccesso dovuto ad azioni diametralmente opposte a quelle cinesi.
Per crescere la Cina ha  puntato sulla stabilità politica. Talvolta usando la forza per mantenerla a scapito dei diritti civili, ma a vantaggio di una crescita economica e sociale.
I piani quinquennali cinesi, nati emulando quelli Russi, hanno garantito la programmazione ed il raggiungimento dei risultati prefissati, ovviamente passando da aggiustamenti non indolore quali la rivoluzione culturale o le ultime politiche di Mao prima della morte, Tienanmen.
Il rapporto costruttivo con i Paesi esteri, anche quelli storicamente nemici, ha permesso alla Cina di cooperare per la crescita interna senza essere comprata o sfruttata dai Paesi più forti economicamente.
Lo spirito e l'orgoglio nazionale è, secondo me, la forza della Cina ed è quella continuità ed eredità che ha ricevuto e tramandato prima Mao poi Deng. La Cina che in cinese si dice 中国 Zhōngguó, letteralmente «Paese di Mezzo» o «Splendore del centro» da millenni si considera al centro del mondo e questa è la loro forza. Anche nei momenti di vera solitudine mondiale, soprattutto all'inizio della Repubblica, non si è mai sentita più debole di altri. 
In questa ostinata, ma giusta  programmatica politica di sviluppo la Cina ha ridotto l'analfabetismo e la povertà in un territorio che è un continente.
Guardando in casa nostra ci si accorge il perché l'Italia perde posizioni: instabilità politica, divisioni interni, mancanza di una programmazione politica/economica, ed altro ancora.
In Cina ci sono sicuramente degli elementi negativi dovuti sia ad una crescita rapida sia ad una politica che non permette deroghe al programma. Il partito unico ha prodotto corruzione; il sistema giuridico (peraltro acerbo perché nato dopo il 1980)  è fallace ed in continua evoluzione, fra l'altro ancora permane la pena di morte; la crescita economica e sociale c'è stata, ma è nata anche una minoranza politicamente e finanziariamente forte a scapito di una fascia di poveri che è quasi di 800 milioni. Probabilmente altre problematiche, tipiche dei Paesi sviluppati prenderanno il posto in Cina a quelle dei Paesi in Via di Sviluppo a cui fino ad ora hanno dovuto tener testa.

Resta il fatto che la Cina è in realtà  la vera culla e grande scuola della politica. E quando la politica funziona l'intero paese funziona. 
Un Paese che ha chiaro ciò che vuole essere e segue un piano ben preciso, ma non scopre le proprie carte (proprio come un esperto giocatore di poker). A scuola ed alle università si insegna l'arte del contrattare, dell'arrivare al proprio obiettivo senza un conflitto )che poi è quello che insegnava Sun Tzu nell'Arte della Guerra scritto nel V° secolo avanti Cristo ) e questo avviene quotidianamente in Cina basti guardare i rapporti politici, economici, internazionali in genere.
D'altronde è proprio il dettato costituzionale all'Art 1 e 2 il vero biglietto da visita della Cina. Si parla di Repubblica democratica, ma si parla anche di partito unico e di dittatura, il potere è del popolo, ma non ci sono elezioni popolari o referendum; all'art.4 si parla del rispetto delle minoranze etniche, e non credo che siano molto d'accordo in Tibet o Xinjinag !
Di fatto queste apparenti contraddizioni nascondono una chiara e netta volontà politica e la consapevolezza che si possa riaggiustare qualcosa in futuro senza stravolgere il principio fondamentale.
Allora, nonostante il crollo del muro di Berlino non si nega il comunismo, ma si dice che la Cina ha una via del comunismo che non è come quello Russo .
Mi viene in mente la frase di un carissimo amico di famiglia, cinese, che diceva che la Cina è come un'auto che mette la freccia a sinistra e gira  destra.

Mai come adesso come italiani dovremmo prendere esempio dalla Cina nello spirito nazionale, l'unità, l'orgoglio, la capacità di programmare per il resto abbiamo ancora molto da dare e non è un caso che ci sia una grande comunità cinese in Italia da decenni.