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domenica 5 giugno 2011

Gli accordi di cooperazione commerciale con la Cina rappresentano una reale opportunità per i Paesi esteri ?

Da quando la Cina si aperta al mondo, con la politica delle Porte Aperte alla fine degli anni '70, ha intensificato una attività che già portava avanti da anni e cioè quella dello scambio di visite diplomatiche e commerciali e la sigla di trattati di cooperazione commerciale.
Spesso per noi occidentali la visita di queste delegazioni numerose e la sigla di accordi (volutamente) vaghi sembrano avere poca concretezza e non un risultato immediato.
Quando poi questi accordi, e le successive visite, assumono aspetti più concreti si nota come la politica della cooperazione basata sullo "scambio" di servizi e know how sia apparentemente sbilanciata a vantaggio della parte cinese. Così, spesso, a fronte di un accordo di cooperazione si vede che la parte occidentale apporta il know how tecnologico e la parte cinese i vantaggi logistici, operativi, talvolta legislativi per operare in terra cinese. In sintesi si potrebbe dire che, in modo trasversale per i più disparati settori merceologici, la cooperazione cinese con i Paesi stranieri è basata sulla formula : "Tu straniero cedi know how... insegna a migliorare un nostro prodotto o un nostro servizio.... e noi, Cina, ti facilitiamo l'apertura del mercato cinese, garantendoti il "non ostacolo" o "limitazione" all'ingresso dato dalla burocrazia cinese (dogana, leggi e regolamenti speciali, tassazione, limitazione per investimenti stranieri)".
E in effetti è così. Per aprire il mercato cinese serve un partner cinese che sposi e creda nel progetto, ma soprattutto nel partner straniero. Ed è in quest'ottica che si devono leggere gli accordi di cooperazione commerciale, ma anche gli accordi di amicizia, i gemellaggi fra le città cinesi e straniere, gli scambi di visite istituzionali. Non dobbiamo mai aspettarci che un evento in Cina produca un effetto immediato. E' sempre parte di una strategia che ha i suoi tempi, sia che ci si muova a livello istituzionale, sia che riguardi rapporti  commerciali fra PMI. Ogni incontro è una tappa, un tassello che serve a creare quel rapporto solido basato sulla fiducia e sul rispetto in primis, poi sulla convenienza reciproca.
Ma il trovare il partner "vero" è in realtà un punto di arrivo. E' come fidanzarsi per poi sposarsi. Non possiamo dire, noi aziende italiane,  vado in Cina con l'obiettivo di fare una Join Venture. Dobbiamo dire vado in Cina per capire il mercato che è il mercato del futuro, al fine di addivenire alla creazione di una Joint Venture quando avrò trovato il partner giusto. Questa fase ha i suoi tempi; e non sono tempi brevi.
Quindi il trovare il partner commerciale giusto in Cina è un punto di arrivo e non di partenza !!!
Alla luce di tutto ciò è più facile capire la logica di missioni, accordi di amicizia, accordi di collaborazione, accordi quadro di cooperazione commerciale che alla lettura sembrano troppo generici.
Molti, anche in Italia, si chiedono quanto sia utile alle aziende italiane (specie in settori come Hi Tech) o quanto invece ci sia il rischio di essere copiati e di fornire solo utili informazioni e dati alla parte cinese.
Il rischio di essere copiati c'è, ed è alto. Ma lo è ancora di più se non si cerca di regolarizzarlo con accordi e con collaborazioni dove almeno possiamo ottenere un vantaggio. Tuttavia per copiare tecnologia, copiare prodotti di tutti i generi, copiare i nomi ed i Brands, la parte cinese che lo vuol fare non ha bisogno certo di accordi. Basta acquistare un prodotto, o meglio un manager ! Infatti quasi sempre dietro alla copia, al falso, al furto di marchi e brevetti in genere c'è da un lato la negligenza dell'azienda italiana che non ha provveduto alle registrazioni e relative tutele che il diritto internazionale offre e da un altro lato c'è quasi sempre la connivenza e collaborazione di qualche figura occidentale esperta del settore.
Allora ben vengano gli accordi di collaborazione, di amicizia, commerciali, di scambio di know how. Senza paura affrontiamo il mercato ma.... in attacco ! Cogliamo l'opportunità, senza paura, senza timore di essere copiati, d'altronde il tentativo di essere copiati deve essere motivo di orgoglio ! Vuol dire che siamo interessanti per la parte cinese. Siamo noi che dobbiamo cogliere l'occasione e cercare di ottenere qualcosa per fare un passo ed entrare nel mercato.
Tutto in Cina passa da accordi di collaborazione e contratti e questi, quando sono firmati, hanno un valore, anche in Cina.
Tuteliamo la proprietà intellettuale, i marchi, i brevetti, i nostri interessi ma non affrontiamo il mondo cinese con paura e prevenzione intellettuale.
Spesso noi italiani siamo impreparati, ma quando affrontiamo managers cinesi, spesso giovani e dall'aspetto mite, non dobbiamo farsi ingannare dalle apparenze: sono preparatissimi e spesso non sono mai usciti dalla Cina, ma sanno affrontare managers stranieri con una abilità e strategia commerciale da consumati uomini d'affari.d'occidente. Chi emerge in Cina a certi livelli ha veramente i numeri. D'altronde la selezione comincia già da piccoli ed il primo esame lo hanno a soli 3 anni e, in base all'esito, già si decide parte del loro futuro in quanto verranno assegnati scuole di diverso livello.

La Cina da sempre crede nella politica degli accordi di collaborazione. Questa politica le ha permesso di fare la crescita che ha fatto, che altrimenti da sola non avrebbe mai realizzato. I Paesi stranieri che hanno collaborato e poi seguito attivamente ed in loco questi accordi nel corso degli ultimi 30 anni si sono ritagliati fette di mercato di sicuro interesse e vitali per l'economia del loro Paese (penso alla Germania, la Francia, il Giappone, gli USA, l'Australia, il Cile, ed altri ancora).
L'Italia è pigra sia nelle attività che negli investimenti e questo purtroppo si nota in Cina. Noi abbiamo qualcosa che altri non hanno, ma presto nuovi Paesi entreranno in competizione con noi e penso all'Africa dove la Cina si sta inserendo sempre più prepotentemente (anche alla ricerca delle materie prime).
La politica cinese degli accordi sembra seguire la logica di un proverbio cinese che recita:
"Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita"

Noi Italia dobbiamo "insegnare a pescare" alla Cina nei settori dove siamo forti e da loro ricercati, ma poi dobbiamo continuare a pescare con loro.

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