La sera del 3 giugno del 1989 l'esercito della Repubblica Popolare Cinese arrivato alla Provincia cominciò a sparare sui manifestanti (dopo due mesi di proteste) nei d'intorni di Piazza Tienanmen a Pechino e fu un massacro.
Forse non sapremo mai le cifre esatte dei morti. Esiste una forte discrepanza fra le cifre del Governo cinese e quelle delle fonti straniere. Il Governo cinese parlò di 200 vittime fra i civili e 100 fra i soldati, la CIA di circa 800 vittime, ma la Croce Rossa stimò in circa 2600 le vittime e 30,000 i feriti e temo che questi ultimi dati fossero quelli più veritieri.
In quegli anni ero ancora studente e stavo finendo l'università e già cominciavo a lavorare sulla tesi che appunto era sulla Cina ("Gli scambi economici fra Italia e Cina dal 1979 al 1989 con particolare riferimento alla Toscana") e ne parlavo spesso con il mio professore, divenuto poi un caro amico (Renzo Rastrelli sinologo convinto purtroppo prematuramente scomparso nel 2008).
Tuttavia vivevo direttamente questa tragedia dal momento che mio padre operava direttamente con la Cina dal 1980 con frequenti e lunghi soggiorni. Una tradizione, quella del commercio con la Cina, ereditata da mio nonno che importava trecce di paglia già dal 1947 per cucire i cappelli di paglia di Firenze destinati ai mercati anglosassoni.
Fu un black out di quasi un anno. In molti casi le relazioni si interruppero, in altri casi si rallentarono drasticamente. La Cina dovette fare i conti al suo interno ed il "democratico" Deng Xiaopin dovette far leva sull'aspetto militare/dittatoriale (simile alla gestione Mao) del suo governo per continuare la politica di crescita iniziata nel 1979 (dopo l'apertura al mondo occidentale). L'opinione pubblica internazionale "nemica" colse l'occasione per cercare di indebolire la forte economia cinese in ascesa, mentre quella "amica" si impaurì temendo che la gestione politica cinese fosse simile a quella sovietica del dopoguerra.
Venticinque anni dopo il tempo sembra aver sbiadito i ricordi e la gente, i politici, le istituzioni, i giornali quando parlano della Cina ne esaltano la crescita economica gli obiettivi raggiunti, ma non parla di quel tragico evento. Eppure, oggi in Cina, sono numerosissimi i focolai di rivolta sopratutto in quelle Province dove l'etnia predominante non è cinese Han (soprattutto nella Province di confine).
Nel 1989 il massacro fu annunciato e forse "auspicato" da forze straniere per rallentare la crescita cinese.
Un numero esiguo di studenti avevano manifestato in modo permanente davanti alla Città Proibita ed il governo attese 2 mesi prima di attuare la repressione armata. Gli studenti erano mossi da ideali occidentali e pensavano di emulare ciò che stava accadendo nell'Est Europa. Tuttavia, come era successo nell'Europa dell'Est con la Primavera di Praga ('69) o la rivolta di Budapest ('56), anche Pechino attuò il sistema repressivo tipico delle dittature (sinistra o destra sempre dittatura è) basato sul consenso "militare".
Oggi i focolai di ricolta hanno radici meno ideologiche e più "pratiche": si assaltano posti di Polizia accusando le strutture del luogo di corruzione; si combatte contro la pena di morte; si chiede un giusto processo; le minoranza etniche rivendicano gli stessi diritti politici e civili dei cinesi, eccetera. La finestra sul mondo che offre internet, i cinesi che cominciano a viaggiare, la massiccia presenza straniera sia come prodotti che come esseri umani insieme ai mezzi di informazione straniera presenti sul territorio cinese fanno si che la Cina usi la forza, ma in modo più intelligente e meno "impopolare". Così, forse, oggi la protesta di Tienanmen sarebbe stata gestita in modo diverso. Non si sarebbe verificato un massacro come nel 1989, ma si sarebbero utilizzati sistemi "sofisticati" di giudizio con condanne penali e carcere oppure arresti domiciliari, ma non esecuzioni di massa. Forse grazie anche ad un più evoluto codice penale e codice di procedura penale che nel 1989 ancora non era stato messo a punto.
E d è quello che succedo oggi ai dissidenti politici, ai sacerdoti cristiano cattolici troppo intraprendenti, a stranieri troppo "invadenti". Se per il Governo cinese è più facile gestire oppositori stranieri (attraverso l'espulsione e vietando la concessione del visto di ingresso), per i dissidenti cinesi oppositori e critici del sistema la questione è più delicata proprio perché il mondo fuori controlla l'operato cinese sperando in un gesto alla Tienamen che possa classificare la Cina come Paese non affidabile e non garante dei diritti civili.
Così sappiamo poco o niente di repressioni a cattolici, missionari, oppositori politici, tibetani, eccetera. Gli organi di stampa ufficiali minimizzano i vari eventi e quelli stranieri non sempre riescono ad individuare e comunque devono muoversi con cautela. Le informazioni arrivano da testimonianze dirette e fughe di notizie, ma ci sono.
La Cina è una delle prime potenze mondiali e nel suo presente e futuro prossimo deve affrontare e risolvere due problemi su tutti che ne possono condizionare la crescita e l'ordine sociale al suo interno: la tutela dei diritti civili (libertà, giustizia, tutela delle minoranze etniche, diritti dei lavoratori, eccetera) ed l'inquinamento ovvero il "diritto alla salute", problema non da poco che condiziona non poco la vita quotidiana e le scelte delle nuove generazioni sempre più attente alla qualità della vita e da sempre attenti alla salute.
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