In questo periodo di recessione mondiale, la Cina, che deve affrontare anch'essa una recessione interna unita a problemi di crescita, sembra avere le idee chiare (come sempre !) su come "approfittare" commercialmente e finanziariamente di questa situazione.
Così mentre l'export cinese decresce per problemi legati alla crisi mondiale, alla concorrenza di altri PVS, all'aumento dei costi legati all'inflazione, all'aumento dei salari all'aumento del costo della materia prime sempre più utilizzate per il fabbisogno interno, l'import della Cina aumenta soprattutto per i prodotti finiti, anche se il mercato non è al momento ricettivo come la stessa Cina vuol far credere.
Allora quale strategia applica la Cina per essere sempre competitiva e non subire bruschi rallentamenti che potrebbero compromettere il delicato equilibrio sociale e la continua crescita del PIL, seppure non più a due cifre ?
La risposta è : INVESTIMENTO.
La Cina investe e lo fa con l'aiuto e la complicità dello Stato. Ed è un processo che continua ormai da decenni e non incontra ostacoli e rallentamenti, ma solo aggiustamenti (piani quinquennali) di strategia.
Uno dei problemi della Cina è l'approvvigionamento delle materie prime, soprattutto per il fabbisogno interno, ma anche come forma di controllo e "guerra" ai competitors stranieri. La Cina, quindi, stipula accordi con Paesi ricchi di materie prime come Africa, Sudamerica, Kazakistan, ecc con i quali mette sul piatto la sua potenzialità di mercato di sbocco (potenziale e futuro) creando un rapporto di collaborazione "privilegiata" per acquisto o sfruttamento delle materie prime di questi Paesi (azione reale e immediata). Questa differenza fra vantaggio immediato con svantaggio futuro rappresenta già un guadagno per la Cina.
Naturalmente questa azione è supportata da una presenza e gestione diretta dell'investimento estero da parte della Cina, la quale non delega allo "straniero" il management del proprio investimento, ma lo gestisce in proprio (cosi la Geely acquista la Volvo per entrare in europa non fa un JV o delega altre case produttive).
C'è un altro spetto che interessa le PMI italiane interessate vendere i prodotti Made in Italy in Cina.
La Cina ha la necessita (politica espressa in questo Piano quinquennale e ribadita dal nuovo Presidente) di sviluppare la distribuzione interna ed aumentare i consumi, ma ha problemi di carenza di formazione in marketing ed in qualità del prodotto interno. Si rende necessario facilitare l'ingresso di prodotti stranieri evitando, però, di farsi "comprare" o perdere il controllo a vantaggio dei più esperti, organizzati e qualificati produttori stranieri.
Come controllare tutto ciò ? Ed ecco allora in Cina il proliferare di fiere, missioni, il mantenimento di dazi o impedimenti o rallentamenti doganali, l'interferenza di pseudo Trading o Intermediari come Logistiche, ma anche avvocati o rappresentanti governativi. o altre figure iper-referenziate che si accaparrano simpatie (a volte retribuite) di analoghe figure estere che fanno da "referenti" per i produttori straniere.
Tutto questo per evitare ciò che la legge cinese (a denti stretti) permette, e cioè la possibilità per una ditta straniera di creare una propria struttura di diritto cinese, indipendente finanziariamente e burocraticamente, che possa operare direttamente in proprio sul mercato cinese.
Negli ultimi tempi, vista anche la forte crisi del settore immobiliare cinese (e questa bolla che speriamo non esploda) sono moltiplicate le offerte di HUB (grandi aree commerciali assimilabili a piccoli quartieri) come soluzione ai problemi di marketing e penetrazione del mercato. Si offrono spazi a tempo (3 -6 mesi o un anno) per negozi spesso a costo zero dove la parte straniera deve "solo" mettere la merce ed aspettare gli ordini, che in genere non arrivano mai.
Sarebbe troppo semplice ! Esiste un risultato senza investimento ? Oppure i vari Volkswagen, Toyota, Gucci, Ferragamo hanno voluto spendere, e continuare a spendere per niente ?
Non è sufficiente mettere un prodotto in vetrina e delegare la gestione alla sola parte cinese !
In realtà questi HUB o spazi vendita "convenienti" sono spesso aree che potenzialmente possono essere visitate da migliaia di persone il giorno, o, a volte, anche nel presente sono visitate da moltissime persone che però non sono i compratori del prodotto di lusso. Sono aree che hanno bisogno da 3 a 10 anni per svilupparsi. ma nel momento buono verranno venduti e/o affittati ai prezzi di mercato.
Per esperienza personale abbiamo avuto un negozio di moda nel 2003 nel più bel Shopping Center di Lijiazhui, il Super Brand Mall, in pratica sotto la torre della televisione di Shanghai, in pieno centro finanziario, 240,000mq di mall, 100,000 visitatori il giorno. Ma per 5 anni questi visitatori andavano al supermercato Lotusa al piano interrato e solo pochi nei negozi o ristoranti.
Adesso il mall funziona benissimo, non è facile entrarci ed i costi probabilmente vanno da 3,5 a 4,5 dollari il metro quadro il giorno.
Quindi INVESTIMENTO: in risorse umane qualificate e che conoscono il mercato cinese, in marketing, pubblicità e giusta location.
Se è complicato capire dai cinesi, cerchiamo almeno di imparare dai tedeschi !
Buona Cina
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